Forse, in maniera un pò folle, ci credeva davvero. Molto probabilmente, stava solo (abilmente?) dissimulando. Ma Bersani ci ha provato ad aprire a Grillo. Gli è andata male. Com'era ampiamente prevedibile. La forza del movimento del comico genovese è di muoversi come un partito "anti-sistema", anche quando nel sistema istituzionale - comunale, regionale e, infine, nazionale - è ormai entrato.
Il Pd è spiazzato dal deludente risultato elettorale. Bersani è rimasto con il 'cerino' in mano. Grillo continua nella sua lucida - che, tuttavia, dovrebbe far ampiamente riflettere - strategia politica. Berlusconi aspetta sornione - mostrandosi paradossalmente il più vicino agli auspici degli altri Paesi europei - il momento in cui il Segretario del Pd dovrà sedersi con lui intorno a un tavolo per trattare. Una trattativa che deve però rivelarsi seria, finalmente liberata dalla contrapposizione ideologica in cui è stata immersa per tutta la Seconda Repubblica.
Se per entrambe le coalizioni il ritorno alle urne potrebbe rivelarsi assai pericoloso, finendo per premiare ulteriormente il M5S, non rimangono molte alternative. L'unica strada percorribile è quella di un accordo tra Pd e PdL. Una strada rischiosa, perchè, qualora dovesse bruscamente interrompersi nel giro di pochi mesi (o, al massimo, un anno), potrebbe avvantaggiare irrimediabilmente Grillo. Una strada da intraprendere, magari fissando già un limite temporale entro il quale modificare la leggere elettorale e approvare misure urgenti per dare ossigeno a famiglie e imprese. Potrebbe non bastare. Lo tsunami di Grillo potrebbe crescere a dismisura con imprevedibili - forse, terrificanti - conseguenze. Il comico genovese si è sempre detto "in guerra". Anche il Pd e il PdL, cercando di rispondere in maniera credibile alla diffusa crisi della rappresentanza che attanaglia il nostro Paese, dovrebbero esserlo. Magari, firmando un patto, un'alleanza inevitabile.
Questo commento è già apparso su Linkiesta il 27 febbraio 2013
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