Il Ministro degli Esteri ha annunciato le proprie dimissioni. Contrariamente a quanto affermato venerdì scorso nell'intervista a Repubblica, Giulio Terzi di Sant'Agata ha compiuto l'ennesima 'giravolta'.
«Mi dimetto», ha affermato durante l'audizione alla Camera, «in disaccordo con la decisione di rimandare i marò in India», dal momento che «le riserve da me espresse non hanno prodotto alcun effetto e la decisione è stata un’altra». «Mi dimetto», ha insistito, «perché solidale in modo completo con i nostri marò e con le loro famiglie». «Ho atteso fino a oggi per dimettermi», ha pertanto spiegato, «perché volevo venire qui in Parlamento come sede della sovranità» popolare. Insomma, quella dell'ex Ambasciatore negli Stati Uniti sarebbe una voce 'saggia', ma colpevolmente «inascoltata».
Assai differenti - e, proprio per tale motivo, interessanti - le dichiarazioni del Ministro della Difesa Giampaolo Di Paola, il quale ha ribadito con forza: «non abbandonerò la nave in difficoltà. Sarebbe facile dimettermi ora, ma non lo farò». Aggiungendo, non senza una vena polemica, che «le valutazioni di Terzi» sulla vicenda dei marò «non sono quelle del governo».
Purtroppo, le parole diametralmente opposte di Terzi e di Di Paola dimostrano la lungimiranza delle osservazioni che Massimiliano Latorre aveva affidato a una mail indirizzata all'amico Toni Capuozzo. Il fuciliere della marina, infatti, aveva osservato come non era il momento delle divisioni o dello scaricabarile delle responsabilità. Piuttosto, la 'tragedia' che vede coinvolto ancora lui e Salvatore Girone rende urgente e necessaria l'unità delle istituzioni e della classe politica.
Con questa sua ennesima 'giravolta', che sembra avere come obiettivo primario il desiderio di rifarsi una personale verginità diplomatica (ormai, tuttavia, irrimediabilmente perduta), Terzi mette in mostra i suoi contrasti mai sopiti con Mario Monti. E' al governo e non al Ministro degli Esteri - sembra suggerire Terzi, non proprio tra le righe - che va addossata la colpa del rientro dei marò in India. Tentando - con onestà o, forse, con un estremo atto di opportunismo politico - di mettersi dalla parte dei marò, Terzi non ha di fatto ammesso le proprie colpe nella 'dilettantesca' gestione che sin dall'inizio ha accompagnato la vicenda.
Mentre Massimiliano e Salvatore sono in India a testimoniare con forza l'onore e la dignità del nostro Paese, Terzi sembra aver perso una buona opportunità per compiere un atto di umiltà e di responsabilità. L'atto delle dimissioni, infatti, era più che dovuto e motivato. Francamente, proprio per rispetto a Latorre e Girone, era auspicabile che in Parlamento non si dovesse assistire all'ennesimo giro di valzer.
* Questo post è già stato pubblicato su Linkiesta il 26 marzo 2013.
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