Despair is the fate of the realists who know something about sin, but nothing about redemption.
Self-righteousness and irresponsibility is the fate of the idealists who know something about the good possibilities of life, but know nothing of our sinful corruption of it

(Reinhold Niebuhr)

venerdì 15 marzo 2013

Bergoglio "fu guardato, e allora vide": l'umile realismo di Papa Francesco



Dopo lo stupore e la commozione, hanno già iniziato a diffondersi varie analisi sociologiche (irrimediabilmente contrastanti) su Papa Francesco. Un po’ com'era successo dopo la rinuncia al ministero petrino da parte di Benedetto XVI. Purtroppo, però, nessuna di tali analisi - esattamente come nel caso di Ratzinger - riesce a cogliere la ragione profonda dell'umile realismo di Papa Francesco. 
Nel 2009, scrivendo la Prefazione a un libro di don Giacomo Tantardini sul pensiero di Sant'Agostino, l'allora cardinal Bergoglio così descriveva - lontano anni luce dalle riduzioni che si sentono in queste ore - la propria fede. «L’immagine per me più suggestiva di come si diventa cristiani», osservava il Vescovo di Buenos Aires, «è il modo in cui Agostino racconta e commenta l’incontro di Gesù con Zaccheo»:
Zaccheo è piccolo, e vuole vedere il Signore che passa, e allora si arrampica sul sicomoro. Racconta Agostino: «Et vidit Dominus ipsum Zacchaeum. Visus est, et vidit / E il Signore guardò proprio Zaccheo. Zaccheo fu guardato, e allora vide». Colpisce, questo triplice vedere: quello di Zaccheo, quello di Gesù e poi ancora quello di Zaccheo, dopo essere stato guardato dal Signore. «Lo avrebbe visto passare anche se Gesù non avesse alzato gli occhi», commenta don Giacomo, «ma non sarebbe stato un incontro. Avrebbe magari soddisfatto quel minimo di curiosità buona per cui era salito sull’albero, ma non sarebbe stato un incontro». 
Qui sta il punto: alcuni credono che la fede e la salvezza vengano col nostro sforzo di guardare, di cercare il Signore. Invece è il contrario: tu sei salvo quando il Signore ti cerca, quando Lui ti guarda e tu ti lasci guardare e cercare. Il Signore ti cerca per primo. E quando tu Lo trovi, capisci che Lui stava là guardandoti, ti aspettava Lui, per primo.
Ecco la salvezza: Lui ti ama prima. E tu ti lasci amare. La salvezza è proprio questo incontro dove Lui opera per primo. Se non si dà questo incontro, non siamo salvi. Possiamo fare discorsi sulla salvezza. Inventare sistemi teologici rassicuranti, che trasformano Dio in un notaio e il suo amore gratuito in un atto dovuto a cui Lui sarebbe costretto dalla sua natura. Ma non entriamo mai nel popolo di Dio. Invece, quando guardi il Signore e ti accorgi con gratitudine che Lo guardi perché Lui ti sta guardando, vanno via tutti i pregiudizi intellettuali, quell’elitismo dello spirito che è proprio di intellettuali senza talento ed è eticismo senza bontà.
Un realismo umile, ma inaudito che si scontra con ogni volontà di ridurlo. Il realismo di un testimone che proviene dagli «estremi confini della terra» (At 1,8). 

Questo post è già comparso su Linkiesta il 14 marzo 2013

Nessun commento:

Posta un commento