Despair is the fate of the realists who know something about sin, but nothing about redemption.
Self-righteousness and irresponsibility is the fate of the idealists who know something about the good possibilities of life, but know nothing of our sinful corruption of it

(Reinhold Niebuhr)

Libri

SOCIETA' E ANARCHIA






Nella storia intellettuale del XX secolo, la English School rappresenta una visione assai eterodossa rispetto ai più consolidati approcci agli studi internazionalistici. I suoi membri – tra cui Martin Wight, Hedley Bull e Herbert Butterfield – spiegano le dinamiche delle relazioni tra Stati durante l’epoca moderna e contemporanea utilizzando il concetto di “società internazionale”. Secondo questi studiosi, continua a persistere una condizione di anarchia, ma la politica internazionale non può essere ridotta a un indiscriminato bellum omnium contra omnes. Ai loro occhi, la società internazionale appare invece caratterizzata da una situazione di relativa socievolezza, e risulta inoltre fondata sulla consuetudine e sulle istituzioni. Ricorrendo all’imprescindibile contributo offerto dalla storia, dalla filosofia e dal diritto, gli autori della English School offrono così un valido strumento con cui interpretare in maniera il più possibile realistica la politica internazionale.


Recensioni:

Giuseppe Perconte Licatese, Società e anarchia, "Il Foglio", 31 ottobre 2018.



IL REALISTA DELLE DISTANZE

L.G. Castellin, Il realista delle distanze. Reinhold Niebuhr e la politica internazionale, Rubbettino, Soveria Mannelli 2014. 



«Il profeta», osserva Flannery O’Connor in Mystery and Manners, «è un realista delle distanze», ossia colui che «non esita a distorcere le apparenze per mostrare una verità nascosta». D’altronde, aggiunge la scrittrice di Savannah, la profezia «non è questione di predire il futuro», ma consiste piuttosto «nel vedere le cose in tutta l’estensione del loro significato e quindi nel vedere in primo piano le cose lontane». Nel corso del XX secolo, Reinhold Niebuhr (1892-1971) mostra i lineamenti inconfondibili che distinguono la figura misteriosa del «realista delle distanze». Il teologo protestante rappresenta il principale esponente dell’agostinismo politico nel Novecento, che mostra il fecondo rapporto tra cristianesimo e Relazioni Internazionali. Inoltre, egli aiuta i propri contemporanei a vedere in primo piano le cose lontane, a scorgere la politica internazionale in tutta l’estensione del suo significato.
Tra gli anni Trenta e gli anni Sessanta, senza alcuna intenzione di prevedere o anticipare il futuro, Niebuhr sviluppa il «realismo cristiano». Un approccio che, non cedendo all’opposto rischio del cinismo o dell’utopia, esprime una concezione della natura umana, della politica e della storia che vuole testimoniare l’urgenza della moderazione e della responsabilità nell’esercizio del potere, oltre che la necessità del controllo morale della dimensione politica all’interno di un mondo imperfetto.
A più di quattro decadi di distanza dalla sua morte, il pensiero di Niebuhr risulta ancora attuale, proprio perché egli mostra e promuove uno sguardo critico sulla realtà politica in grado di offrire un utile contributo alla comprensione delle trasformazioni e all’analisi delle dinamiche internazionali del sistema globale contemporaneo. 






Recensioni:



G. Dessì, Reinhold Niebuhr, un maestro di realismo "allievo" di Flannery O'Connor, "Il Sussidiario", 15 febbraio 2014. 

D. Palano, E Niebuhr portò il realismo politico oltre Machiavelli, "Avvenire", 20 marzo 2014.

L. Borghesi, Leggere Niebuhr per capire Obama, "Europa", 30 marzo 2014.

C. Dignola, Ironia realista cristiana, "Tracce", 16 aprile 2014.




ASCESA E DECLINO DELLE CIVILTA'




Ascesa e declino delle civiltà


Dagli anni Cinquanta del secolo scorso, il grande storico inglese Arnold J. Toynbee (1889-1975) è stato spesso additato dai suoi critici come una sorta di profeta visionario. Nel suo sforzo poderoso e originale di costruire una macro-teoria delle trasformazioni politiche e internazionali della storia umana, Toynbee ripercorre infatti vicende millenarie e vastissimi spazi geografici, così da poter disseppellire quelle fondamentali tendenze che contrassegnano il succedersi dei popoli e delle civiltà sulla ribalta della storia.
A più di tre decadi di distanza dalla morte di Toynbee, tuttavia, le dinamiche della politica mondiale dopo la fine della Guerra fredda sembrano ridare attrattiva all’impresa teorica dello storico inglese e al suo tentativo di delineare un modello esplicativo generale del ciclo vitale delle civiltà. Cosicché Toynbee e la sua opera acquistano una luce nuova e attuale. E da profeta, che molti suoi contemporanei giudicavano visionario, egli si trasforma in uno studioso che ha saputo leggere e interpretare in anticipo i più importanti mutamenti dell’ordine internazionale. Lo storico delle civiltà propone infatti uno «sguardo» in grado di abbracciare l’ampio insieme dei processi politici in atto, collocandoli sulla linea del loro possibile (e forse assai probabile) orizzonte futuro. Uno «sguardo» che risulta capace di oltrepassare la scorza più superficiale dei molteplici cambiamenti che stiamo vivendo.





Recensioni:

D. Palano, L'Occidente? Creativo e globale, "Avvenire", 17 giugno 2010, p. 27. 

D. Palano, Ascesa e declino delle civiltà, in Cattolicanews, 29 luglio 2010.

A. Colombo, Le grandi civiltà viste da Toynbee, "Corriere della sera", 21 agosto 2010, p. 55. 

F. Perfetti, Arnold J. Toynbee, il detective profeta del crollo delle civiltà, "Il Giornale", 28 novembre 2010, p. 22.