Despair is the fate of the realists who know something about sin, but nothing about redemption.
Self-righteousness and irresponsibility is the fate of the idealists who know something about the good possibilities of life, but know nothing of our sinful corruption of it

(Reinhold Niebuhr)

martedì 25 dicembre 2012

Santo Natale 2012



"La conversione di cui abbiamo bisogno deve giungere veramente fino alle profondità del nostro rapporto con la realtà" (Benedetto XVI, Omelia Natale 2012). Buon Natale! 


martedì 27 novembre 2012

La schiena di Isla





In Mystery and Manners del 1969, mentre riflette sul ruolo e le prospettive della letteratura cattolica nel profondo Sud degli Stati Uniti, Flannery O’Connor osserva che il romanziere è un «realista delle distanze», ossia un «profeta». Nel caso del romanziere, aggiunge la grande scrittrice di Savannah. la profezia «non è questione di predire il futuro», bensì «consiste nel vedere le cose in tutta l’estensione del loro significato e quindi nel vedere in primo piano le cose lontane». Pertanto, il romanziere, in quanto «realista delle distanze», «non esita a distorcere le apparenze per mostrare una verità nascosta». E, conclude l’autrice di Wise Blood, «è questo tipo di realismo che si trova nei migliori esempi del grottesco».
            Ieri sera a San Siro, nel romanzo del calcio italiano è stata scritta una pagina che rappresenta un classico esempio del grottesco. La squadra dei ‘ladri’ è stata sconfitta a causa di un rigore inesistente. Tutta l’Italia calcistica non bianconera ha esultato di gioia. Una Juventus brutta e sottotono (che ha dato qualche segno di vita soltanto nel secondo tempo, senza però saper incidere sulla partita come al solito) si è dovuta arrendere a un Milan ben disposto in campo, ma anche assai mediocre nel gioco. Tuttavia, è proprio nell’episodio che ha coinvolto Mauricio Isla a essere racchiuso il senso più profondo della gara, forse dell’intero campionato. Proprio come al termine del racconto breve La schiena di Parker – quando il protagonista viene allontanato e violentemente pestato con una scopa dalla sua ‘devotissima’ (e iconoclasta) moglie, a causa del nuovo tatuaggio raffigurante il volto di Cristo che si è fatto dietro le spalle – i pochi centimetri che separano il braccio dal fianco destro del centrocampista cileno distorcono le apparenze e mostrano due verità nascoste.
            Da un lato, è evidente come risulti ormai stantia la polemica giacobina sul campionato falsato. Sarebbe utile e salutare per il calcio italiano uscire dal viluppo di un tale circolo vizioso. Dagli errori arbitrali – che c’erano, ci sono e sempre ci saranno – non può liberarci nessuno. A meno che i dirigenti di Fifa e Uefa decidano di introdurre la prova televisiva in campo (proprio come succede nel rugby). Ogni direttore di gara – in quanto essere umano – può sbagliare. La preparazione degli arbitri deve aiutare a ridurre il problema, ma non può certo risolverlo. D’altronde, anche la grande narrazione di ‘calciopoli’ si è rivelata nient’altro che una costruzione mediatica. Il sistema coinvolgeva tutti. Nessuno escluso (come ben dimostra la prescrizione del reato concessa all’Inter da Palazzi). Al calcio, in altre parole, non si addice il manicheismo.
            Dall’altro lato, colpisce in maniera positiva il comportamento sia del Milan, sia della Juventus. I rossoneri, attraverso il loro allenatore, hanno riconosciuto che il rigore era inesistente. I bianconeri – da Marotta a Buffon – non hanno aperto un’altra polemica sterile. I primi hanno portato a casa un successo utile, in un momento di forte difficoltà, mentre i secondi hanno ammesso una sconfitta figlia della cattiva prestazione più che del singolo episodio. Da ciò entrambe le squadre possono ripartire con realismo. Il Milan deve evitare la facile e illusoria euforia che la vittoria potrebbe generare. La strada è ancora lunga. E questo Allegri sembra averlo proprio capito. La Juve, invece, deve ancora una volta riconoscere che ogni partita è un racconto breve in sé nel romanzo del campionato. E, soprattutto, che la Champions League è un impegno che si fa sentire. Conte sa molto bene che l’umiltà e il duro lavoro sono il miglior antidoto per guarire dalla seconda sconfitta stagionale.
            Se l’episodio fosse avvenuto a parti invertite (come l’errore sul goal di Muntari dello scorso anno), oggi non saremmo qui a scrivere. Il calcio italiano sarebbe perso nelle polemiche giornalistiche e negli sfottò da bar dei tifosi. Per fortuna, non è andata così. Esattamente come la vita, il calcio è misterioso. E, qualche volta, può riservarci delle soprese ambigue. Oggi, possiamo evitare di guardare indietro, rivolgendo lo sguardo al prossimo turno. Infatti, a sorreggere il campionato non è l’occulta mano di nessuno, ma la provvidenziale schiena di Isla. 

Questo articolo è stato pubblicato su www.contropiede.net il 26 novembre 2012

lunedì 26 novembre 2012

Afghanistan solo andata, ma ritorneremo a casa insieme





Cinquantadue. È il numero dei soldati italiani caduti in Afghanistan. L’ultimo dei nostri ragazzi a morire in Asia Centrale è stato il caporal maggiore Tiziano Chierotti. Un giovane militare alla sua prima missione internazionale, colpito dai talebani vicino alla base del Secondo reggimento alpini a Bakwa, nella provincia di Farah. Lo scontro a fuoco è avvenuto il 25 ottobre nel villaggio di Siav.
Non è la prima volta che simili eventi producono polemiche politiche, analisi giornalistiche e inchieste giudiziarie. Niente di più, niente di meno. L’onda emotiva dell’opinione pubblica si esaurisce ben presto, lasciando spazio soltanto all’oblio (dei più) e al dolore (della famiglia e degli amici). Oggi, non è più così. Nelle librerie è uscito Afghanistan sola andata (Cairo editore, 253 pagine - 15 euro), in cui l’inviato di guerra Gian Micalessin racconta le storie dei soldati italiani caduti nel Paese degli aquiloni. È un volume commovente. Pagina dopo pagina l’autore ci fa conoscere non solo la vita quotidiana e gli ideali dei nostri soldati, ma anche il prezioso contributo dell’esercito italiano al fianco degli alleati nelle missioni internazionali. Ma il testo di Micalessin – che frequenta il Paese fin dal 1983 – è anche un viaggio nel tempo, nella cultura e nel paesaggio afghano.
Sono più di cinquanta le storie dei nostri ragazzi morti in questo ancestrale e affascinante Stato dell’Asia Centrale. Ma nell’impossibilità di raccontarle tutte, Micalessin ne raccoglie otto. Tutto inizia nel 1998, quando la «guerra al terrorismo» è ancora lontana (forse, nemmeno immaginabile). Il tenente colonnello Carmine Calò è a Kabul per conto delle Nazioni Unite. In un agguato, Carmine viene colpito da una pallottola di rimbalzo che ne devasta gli organi interni. Calò è – come ricorda sempre la moglie Maria – «il primo italiano in divisa a morire in Afghanistan».
Mogli, fidanzate, padri, madri, fratelli, colleghi e amici. Anche loro sono co-protagonisti del volume di Micalessin. Il loro dolore e i loro ricordi ci fanno conoscere l’onore, la professionalità e il coraggio dei nostri soldati. Dalle storie dei caduti, invece, emerge la complessità etnica e politica dell’Afghanistan, il carattere duro e aspro – proprio come il territorio che lo ospita – di un popolo indomabile, che inglesi, russi e americani non sono riusciti a piegare nel corso dei secoli. L’autore ci conduce per mano nella lotta quotidiana dei nostri genieri per la bonifica del territorio dagli Ied (Improvised Explosive Device), nei pericolosi pattugliamenti a bordo dei Lince, nella straniante quotidianità all’interno degli avamposti nelle valli sotto il controllo dei talebani. Fuori da qualsiasi forma di retorica, che spesso riempie le pagine dei quotidiani, Micalessin racconta l’esperienza di alcuni soldati approdati in un Paese lontano. Come quelle di Massimo e Matteo.




Sempre in viaggio verso villaggi sperduti, il tenente Massimo Ranzani è ufficiale responsabile del Cimic (Civic Military Cooperation). Dipendono da lui tutte le attività di sostegno ai civili. È un compito svolto con impegno e qualche rischio. Per conquistare i cuori degli afghani, Massimo entra nei villaggi senza giubbotto antiproiettile e senza elmetto. Nell’immaginario collettivo degli altri soldati, ricorda l’amico e collega Alessandro Dentico, è «una sorta di immortale». Preparato, intelligente, sempre tranquillo (anche nelle emergenze). Uno a cui «certe cose non possono succedere». Invece, il 26 febbraio 2011, Ranzani viene ucciso da uno Ied che investe il suo Lince durante una missione nella zona di Shindand.
A lasciare un segno indelebile è soprattutto la morte del primo caporal maggiore del 7° reggimento alpini Matteo Miotto. È il 31 dicembre 2010. L’Italia è impegnata a preparare cene, feste e veglioni nell’attesa del nuovo anno. A Buji nel Gulistan, invece, i talebani attaccano l’avamposto di Camp Snow. Il giovane militare di Thiene è tra i primi a rispondere al fuoco nemico. Viene colpito a morte – da un proiettile in ricaduta – durante lo scontro a fuoco. Ma la missione di Miotto non s’interrompe in Afghanistan (un Paese che lo affascinava, un popolo per cui provava profondo rispetto). Nel suo breve testamento, Matteo testimonia i valori per cui ha donato la propria vita. La vita di un ragazzo di ventiquattro anni che – come gli ripeteva sempre da bambino il nonno Antonio in dialetto veneto – «la guera, quela vera, non la vederè mai».
Alla vigilia della battaglia di La Drang in Vietnam, il 14 novembre 1965, il tenente colonnello dell’esercito americano Hal Moore fece una promessa ai suoi uomini: «Stiamo andando a combattere un nemico duro e determinato. Non vi posso promettere che vi riporterò tutti a casa vivi. Ma questo vi giuro... quando andremo in battaglia, sarò il primo a mettere piede sul campo, e sarò l’ultimo a lasciarlo. E non lasceremo indietro nessuno... vivo o morto. Noi ritorneremo a casa assieme». Richiudendo Afghanistan sola andata, dopo averne terminato l’ultima pagina, il lettore dovrà riconoscere che grazie a Micalessin i nostri soldati caduti non sono stati lasciati indietro, ma sono ritornati a casa.

Questo articolo è già stato pubblicato su www.ilsussidiario.net il 25 novembre 2012

giovedì 25 ottobre 2012

Ritorneremo a casa assieme. Una preghiera per Tiziano Chierotti








Stiamo andando nella valle dell'Ombra e della Morte, dove guarderete le spalle all'uomo vicino a voi, mentre lui guarderà le vostre. E non vi curerete del colore della sua pelle, e nemmeno del modo con il quale egli chiama Dio. Stiamo andando a combattere un nemico duro e determinato. Non vi posso promettere che vi riporterò tutti a casa vivi. Ma questo vi giuro... quando andremo in battaglia, sarò il primo a mettere piede sul campo, e sarò l'ultimo a lasciarlo. E non lasceremo indietro nessuno... vivo o morto. Noi ritorneremo a casa assieme. 


Ten. Col. Hal Moore, 1 Batt. 7° Cavalleria USA 
Sabato 14 Novembre 1965, La Drang (Vietnam)


lunedì 22 ottobre 2012

America: destino o esperimento?




In The Cycles of American History, Arthur M. Schlesinger Jr. ebbe a osservare che «le concezioni americane di politica estera sono correlate alla vecchia disputa tra esperimento e destino, tra gli Stati Uniti intesi come una nazione tra tante, capace come tutte le altre di impulsi angelici e di bramosie predatorie, e gli Stati Uniti intesi come una nazione eletta, designata dalla Provvidenza a redimere il mondo caduto». Alla vigilia del terzo e ultimo dibattito tra i candidati alla Casa Bianca, quelle osservazioni risultano ancora attuali. Obama e Romney, infatti, sembrano incarnare bene le contrastanti prospettive degli Stati Uniti concepiti rispettivamente come esperimento o come destino. [continua a leggere]

venerdì 19 ottobre 2012

Quale sarà il volto dell'America nel mondo?




«Un incubo per Israele se vince Obama». Non poteva essere più esplicito Rupert Murdoch. Qualche giorno fa, dal suo profilo twitter il magnete australiano ha ribadito l’appoggio a Mitt Romney in modo molto deciso, quasi fragoroso. Ma, al di là della ruvida e abrasiva polemica, quale visione – se una visione davvero esiste – offre il candidato repubblicano del ruolo dell’America nel mondo? In che cosa si discosta da quella di Obama? [continua a leggere]

venerdì 12 ottobre 2012

Il bandito e il campione




Nell’estate del 1993, durante una tournée italiana, Francesco De Gregori registrò un album dal vivo. Il disco era una raccolta di grandi successi, impreziosita da un inedito in cui il cantautore romano raccontava la leggendaria storia di due amici: Sante Pollastri e Costante Girardengo. Il titolo della ballata – che ogni appassionato di sport e, soprattutto, di ciclismo conosce molto bene – è Il bandito e il campione. [continua a leggere]

venerdì 5 ottobre 2012

Si può uccidere «un’esperienza religiosa»?




Non è uno scherzo, anche se l’ignoto individuo che ha architettato l’intera faccenda è certamente un folle. Anzi, è un iconoclasta. O, forse, assomiglia molto di più a un violento laicista. Roger Federer ha ricevuto alcune minacce di morte. L’allarme è scattato quando è stato pubblicato un messaggio – correlato da foto del tennista svizzero con la testa tagliata – su un popolare sito sportivo cinese. Era il 25 settembre è l’autore del post – il cui nickname è “Blue Cat” – ha scritto: «Sappiate che ucciderò Roger Federer». [continua a leggere] 

martedì 2 ottobre 2012

Lo show di Netanyahu, le sanzioni contro l'Iran e il crollo del Rial




Non è passata inosservata la stravagante performance di Benjamin Netanyahu di fronte all’Assemblea generale delle Nazioni Unite. Improvvisandosi Bruno Vespa nel salotto di “Porta a Porta", la scorsa settimana il premier israeliano – a cui mancava soltanto un plastico, magari quello dell'impianto nucleare di Fordo – ha tracciato con un pennarello una linea rossa su un disegno in stile fumetto di una bomba. [continua a leggere]


giovedì 20 settembre 2012

Ma è davvero antipolitica?




Non passa giorno che, sfogliando un quotidiano o guardando la tv, non ci si imbatta in un’espressione che ormai è diventata quasi familiare: antipolitica. L’Italia – secondo le (più o meno) raffinate diagnosi dei notisti politici o nelle chiacchiere da bar dell’uomo della strada –sembra ormai inguaribilmente affetta da disaffezione e estraneità dalla politica. Ma, ciò che tiene in ostaggio il sistema politico italiano e sottolinea i sintomi di un’evidente crisi della rappresentanza, è davvero antipolitica? [continua a leggere]

martedì 18 settembre 2012

Una rivolta contro l'Occidente e il mondo arabo




Dopo il drammatico attacco di Bengasi, in cui sono stati uccisi l’ambasciatore americano Christopher Stevens e altri tre membri del corpo diplomatico statunitense, tutti i media internazionali hanno raccontato il dilagare delle proteste dal Nord Africa fino al Sud-Est del Pacifico, attraverso il Medio Oriente e l’Asia Centrale, titolando con voce unanime «rivolta contro l’Occidente». Questa scelta è sicuramente giusta, ma non aiuta a cogliere fino in fondo le conseguenze dei tumultuosi disordini in molti Paesi islamici. Indirizzate contro i simboli e le istituzioni della nostra civiltà, le violente manifestazioni di questi giorni sono anche una rivolta contro il mondo arabo. [continua a leggere]

mercoledì 5 settembre 2012

La Scienza politica secondo Reinhold Niebuhr



«Quando la scienza politica è separata dalle sue antiche radici umanistiche e "arricchita" dalla saggezza di sociologi, psicologi ed antropologi, in genere il risultato è una preoccupazione per le piccolezze che trascura i grandi e tragici affreschi della storia contemporanea, e offre soluzioni insipide per problemi profondi».

(R. Niebuhr, The Irony of American History, Charles Scribner's Sons, New York 1952, trad. it. L'ironia della storia americana, Bompiani, Milano 2012, p. 261)

lunedì 3 settembre 2012

I "furbetti" del Golfo



L’estate è trascorsa in maniera piuttosto tranquilla sulle coste del Golfo Persico, ma l’autunno non appare per nulla destinato ad avere eguale fortuna. Quando l’instabile (dis)ordine mediorientale sembrava ormai essere messo alla prova soltanto dalla drammatica guerra civile in Siria, è arrivata una preoccupante conferma del fatto che la delicata crisi relativa al discusso programma nucleare iraniano rischia di subire una pericolosa accelerazione. [continua a leggere]





domenica 26 agosto 2012

Start-up, desiderio dell'infinito e Cesare Pavese






Il 22 agosto 2012, al Meeting ho avuto occasione di conoscere e intervistare Marco Marinucci, fondatore e presidente di Mind The Bridge:



Marco è rimasto tanto stupito da ciò che si è trovato davanti agli occhi a Rimini che ha persino scritto un sincero post sul suo blog, dove nel finale affermava: «Decisamente è valsa la pena avere attraversato mezzo mondo pur di incontrare i Rimini People».



Oggi, ripensando a quell'incontro, scrivo anch'io un breve post. Lo scrivo, soltanto per far conoscere a Marco - qualora non l'avesse ancora mai letta o sentita - una stupenda frase di Cesare Pavese che davvero mi sembra racchiudere lo spirito di Marco, di Mind The Bridge e (forse) di tutta la Silicon Valley. E' una citazione che infatti definisce in maniera 'poetica' il mondo delle start-up. Il 23 novembre 1937, il grande scrittore piemontese osservava: «L’unica gioia al mondo è cominciare. È bello vivere perché vivere è cominciare, sempre, ad ogni istante».


Grazie Marco. Ci vediamo al prossimo Meeting!



martedì 31 luglio 2012

Aleppo, ultima trincea




«Io sono la Guerra civile», afferma veemente una voce femminile dalla fossa vuota dell’orchestra al Théatre de l’Oeuvre di Parigi. È la sera del 27 gennaio 1965, quando Henry de Montherlant manda in scena il dramma La Guerre civile. «Io non sono la guerra» – continua con forza quella stessa voce – «delle boscaglie e dei campi; io sono la guerra della piazza selvaggia, la guerra delle prigioni e delle strade, quella del vicino contro il vicino, del rivale contro il rivale, quella dell’amico contro l’amico». [continua a leggere] 

lunedì 30 luglio 2012

What remains of the Atlantic Community?




In The Irony of American History (1952), Reinhold Niebuhr observed that «the 'Atlantic community' is becoming a reality partly because it does have common cultural inheritances and partly because the exigencies of history are forcing mutual tasks upon it». Many decades have passed since then. And historical and political conditions have changed. Today, what remains of the atlantic community?

venerdì 27 luglio 2012

Ordine e giustizia



Oggi, mentre leggevo un brano di Reinhold Niebuhr, ho ritrovato questa citazione: «se, nella strategia del governo, l'ordine precede la giustizia, allora soltanto un ordine che implichi la giustizia può garantire una pace stabile. Un ordine ingiusto fa sorgere rapidamente il risentimento e la ribellione che lo travolgeranno». Non ho potuto far altro che pensare subito alla Siria.

martedì 17 luglio 2012

Una battaglia politica insensibile alla verità




«La politica», affermava in maniera sferzante Boris Pasternak, «non mi dice niente». Infatti, aggiungeva il grande poeta e scrittore russo, «non amo le persone che sono insensibili alla verità». Queste nette e ruvide parole dell’autore del Dottor Živago descrivono bene la drammatica situazione che da più di un anno insanguina la Siria e rischia di destabilizzare il già precario (dis)ordine del Medio Oriente. [continua a leggere]

venerdì 13 luglio 2012

Solo lo stupore conosce


 

«Mi sorprendo sempre. È l’unica cosa per cui valga la pena vivere»

(Oscar Wilde)

martedì 3 luglio 2012

L'Islam tra erodianesimo e zelotismo





Alla fine degli anni Venti, descrivendo la reazione che il mondo islamico assume a seconda dei casi verso la diffusione di alcuni elementi della civiltà occidentale, il grande storico e internazionalista inglese Arnold Joseph Toynbee propone la dicotomia concettuale formata dal tipo umano dello «Zelota» e dell’«Erodiano». Una distinzione, quella tra i comportamenti dello «Zelota» e dell’«Erodiano», che risulta utile anche oggi, proprio perché non solo riesce a cogliere in maniera semplice ed efficace i diversi atteggiamenti di un mondo islamico assai frammentato nei confronti dell’Occidente, ma anche e soprattutto aiuta a comprendere ciò che sta avvenendo in Africa e in Medio Oriente. [continua a leggere]

Oltre l'interesse nazionale





Nel 1955, mentre rifletteva sul grande potere e le nuove responsabilità degli Stati Uniti, Reinhold Niebuhr affermò... [continua a leggere]

lunedì 25 giugno 2012

Mamma li turchi: guai in vista per Bashar al-Asad?




Un phantom turco in azione (Foto: turkish air force)


Non se ne conosce ancora bene la dinamica, ma una cosa è certa: un aereo militare turco – un jet F-4 – è caduto nelle acque territoriali siriane, al confine con la provincia di Hatay. Secondo l’emittente televisiva di Hezbollah, al-Manar, il bombardiere sarebbe stato «abbattuto per errore» proprio dall’esercito di Damasco. Una notizia, quest’ultima, comunque non ancora confermata. [continua a leggere]

giovedì 21 giugno 2012

L’ennesima occasione perduta?





Dopo che i precedenti colloqui di Istanbul e Baghdad sul ‘controverso’ programma nucleare di Teheran non avevano portato ad alcun risultato concreto, c’era grande attesa per il nuovo appuntamento di Mosca. Nella capitale russa, si è conclusa ieri una due giorni di lavoro molto serrato. Le delegazioni si sono incontrate per verificare le prospettive di una soluzione diplomatica alle tensioni tra il Paese degli Ayatollah e la comunità internazionale. Una soluzione che sia in grado di scongiurare l’opzione militare e le sue conseguenze. [continua a leggere]

martedì 19 giugno 2012

E se avesse ragione Churchill?







«Mi piacciono gli italiani, vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come fosse la guerra»  
(Winston Churchill)