Nelle Considérations politiques
sur les coups d'état del 1639, Gabriel Naudé fu perentorio: il Colpo di Stato
anticipa la sua enunciazione, come il fulmine anticipa il tuono. La segretezza,
infatti, è fondamentale per il buon esito di un atto con cui un gruppo di
congiurati (o un settore chiave della burocrazia statale) cerca di modificare
l’assetto istituzionale di un Paese mediante l’uso della forza.
In Cina, almeno ultimamente, l’opera
dell’intellettuale francese non deve avere grande mercato editoriale o attirare
molti lettori. Molti e più assidui frequentatori è invece in grado di calamitare
Weibo, il più famoso sito di microblogging cinese. Il social network asiatico –
un ibrido fra Twitter e Facebook – conta più di 300 milioni d’iscritti e 2
milioni di post pubblicati giornalmente.
Non è pertanto un caso che tra il 19 e
il 22 marzo si sia diffusa rapidamente – proprio attraverso Weibo – la notizia
di un tentativo (seppur fallito) di colpo di Stato in Cina. Rilanciato da
qualche media internazionale, il rumor
non trova ovviamente conferma ufficiale. Ad organizzare il “golpe” sarebbero
stati Bo Xilai, ex potentissimo segretario del partito comunista della
metropoli di Chongqing (già esautorato), e Zhou YongKang, capo degli apparati
militari e membro del Politburo del Partito comunista cinese.
Questa curiosa notizia ci permette di
tentare almeno due brevi considerazioni. L’una strettamente legata al presente
e al futuro dei social network, l’altra più genuinamente politica.
Da un lato, infatti, emerge ancora una
volta come Twitter, Facebook o Weibo – anche all’interno di Paesi, dove la
censura è ramificata – rappresentino uno strumento straordinario per la
diffusione di notizie. Dall’Egitto all’Iran, dalla Siria alla Cina, la protesta
popolare si muove sulla rete. Un forte dubbio rimane semmai sull’attendibilità
delle fonti e sull’uso distorsivo di tali mezzi per finalità propagandistiche
(sia dei governi, sia delle forze di opposizione). Interessante è poi
sottolineare l’insolita, ma assai astuta, tolleranza cinese verso Weibo: meglio
avere persone ‘isolate’ che twittano o postano, piuttosto che disordini
‘organizzati’ di piazza. Una Tienanmen mediatica non è all’orizzonte. E,
quindi, non fa davvero paura.
Dall’altro lato, appare ancora più
evidente come lo scontro tra riformisti e neo-maoisti sia sempre più aspro
all’interno del Partito, in un momento assai delicato per la frenata
dell’economia cinese. L’urgente necessità di riforme economiche, fiscali e
sociali s’interseca poi con la sfida per il potere in vista della successione
al Presidente Hu Jintao. In pole position,
c’è il delfino designato Xi Jinping. Tuttavia, cruciale sembra la battaglia per
le poltrone del Comitato permanente del Politburo. Sette dei suoi attuali
membri, infatti, usciranno di scena per raggiunti limiti di età.
Nei prossimi mesi, c’è da scommetterci, sentiremo
ancora parlare di complotti e faide, magari proprio attraverso Weibo. E chissà
se questa volta il fulmine arriverà prima del tuono.
Articolo pubblicato su CQ140 il 26 marzo 2012
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