Nel 1997, il regista e sceneggiatore inglese Peter Cattaneo con
The Full Monty riscosse un grande
successo di pubblico e di critica. La pellicola, ambientata a Sheffield, racconta
la storia di Gaz e Dave, due disoccupati quotidianamente impegnati a trovare un
modo per sbarcare il lunario. Gli espedienti non mancano ai protagonisti, ma le
difficoltà economiche non mollano la presa. Un giorno Gaz trova una soluzione
al problema. Decide così di mettere in scena uno spettacolo di spogliarello maschile,
coinvolgendo nell’impresa altri disoccupati. Il successo non si farà attendere.
Il titolo del film, tradotto dall’inglese, suona così:
«servizio completo». Nel nostro Paese, l’opera di Cattaneo venne mandata nelle
sale cinematografiche con l’azzeccato sottotitolo «squattrinati organizzati».
Al di là della più che ovvia assonanza con il cognome dell’attuale Presidente
del Consiglio dei ministri, un’assonanza spesso richiamata anche nei roboanti
titoli di Dagospia, sono soprattutto le peripezie di Gaz e Dave a risultare uno
specchio ben molato delle vicende italiane. Come i due protagonisti, infatti, anche
l’Italia – uno Stato (ma, conta ricordarlo, non un Paese) squattrinato e anche
mal organizzato – è giunta al proprio ‘Full Monti’ dopo una lunga serie di
espedienti e peripezie politiche. E lo spettacolo – almeno, così appare –
sembra riscontrare se non un vero e proprio successo, almeno un grande
apprezzamento sulla scena globale.
Un paradigma di ciò è il viaggio in Asia di Mario Monti. Un
viaggio che possiamo leggere attraverso la lente del film di Cattaneo, proprio
perché un tale viaggio – forse, ancora più della non troppo lontana missione in
America – è in grado di mettere a nudo la vera essenza della nostra politica
estera e l’effettivo ruolo che l’Italia potrà ritagliarsi sulla scena
internazionale.
A margine del vertice sulla sicurezza nucleare di Seul, e poco
prima dalla visita ufficiale in Giappone e in Cina, il nostro premier ha
ottenuto importanti riconoscimenti da varie personalità internazionali. Barack
Obama, manifestando vicinanza e apprezzamento per il lavoro di Monti, ha
sottolineato il «ruolo molto importante» che
l’Italia ricopre in Europa e nel mondo. Quasi a fare eco alle parole del
Presidente degli Stati Uniti, sono giunte quelle di Hu Jintao. Il
Presidente cinese non ha usato mezzi termini, promettendo che suggerirà ai suoi
connazionali di «investire in Italia». Dopo aver incassato l’endorsement politico delle due più
importanti potenze del sistema internazionale, Monti si è detto ovviamente
soddisfatto. Al tempo stesso, egli ha giustamente cercato di non cadere vittima
di un eccessivo autocompiacimento (una sindrome mortale in politica
internazionale).
Il nostro premier, inoltre, è stato paragonato dal Wall Street Journal a Margareth
Thatcher. La ragione di un tale giudizio? Il «coraggio politico» dimostrato con
la riforma del mercato del lavoro. Una riforma che è ritenuta «utile ancorché moderata». Sulla
riforma non è mancata neanche la ben più importante approvazione incassata da
parte dell’Ocse. Insomma, le sorti magnifiche e progressive di ‘Full Monti’
sembrano segnate. «Se intende fare
di questa riforma il primo e non l'ultimo passo di un’agenda più ambiziosa per rilanciare
la crescita italiana», ha chiosato ancora l’autorevole quotidiano economico, «questo
suo unico mandato potrebbe diventare grandioso». Ma, davvero, il nostro
‘Full Monti’ è stato (e sarà) in grado di mettere a nudo le nostre migliori
qualità sulla scena internazionale?
Certamente, non si può che essere soddisfatti del rinnovato
credito che il nostro Paese sembra aver acquisito nel sistema globale.
Tuttavia, la sostanza vale tanto e forse più della forma. Pertanto, occorre non
farsi troppe illusioni. E, soprattutto, non bisogna scambiare in maniera miope l’attestazione
di stima e le promesse dei più importanti attori geopolitici mondiali con il
nostro effettivo peso internazionale. Nella vicenda dei marò, per esempio, non
pochi sono stati gli errori di analisi e di prassi dell’Italia. Grazie al cielo,
dopo un iniziale sbandamento, la vicenda è ora attentamente seguita da vicino
dal capace ed esperto sottosegretario agli Esteri, Staffan de Mistura. Ciò non
toglie, però, che molti dei ritardi accumulati per cercare di trovare una
soluzione all’intricato caso potevano essere evitati.
Ancora più decisivo sarà poi vedere come il nostro Paese si
muoverà nell’ambito dei tanti e spinosi dossier sul tavolo: dalle missioni
internazionali alla sicurezza energetica, dal contare di più in Europa al
rapporto con i Paesi rivieraschi del Mediterraneo, dalla capacità di attrarre
effettivi (e non solo promessi) investimenti internazionali alla questione
ambientale transnazionale.
È nella prassi della nostra politica estera, piuttosto che
nelle sue intenzioni o negli attestati di stima ricevuti, che sta iscritta la
possibilità reale di contare davvero di più nel mondo. Proprio come nell’originale
The Full Monty, sarà pertanto
decisiva la volontà di dar vita a un vero spettacolo in grado di mettere a nudo
la nostra reale capacità di proiezione internazionale. Sarebbe, però, altrettanto
fondamentale che nel far ciò non si finisca per rimanere pericolosamente in
mutande.
Articolo pubblicato su www.ilsussidiario.net il 28 marzo 2012
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