Despair is the fate of the realists who know something about sin, but nothing about redemption.
Self-righteousness and irresponsibility is the fate of the idealists who know something about the good possibilities of life, but know nothing of our sinful corruption of it

(Reinhold Niebuhr)

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venerdì 5 aprile 2013

I «novanta minuti più belli» della Juventus. Dopo Chamberlain, arriverà il turno di Churchill?




Historia magistra vitae. È sì, è proprio vero. Più di settant’anni dopo. I ‘fantasmi’ della Conferenza di Monaco sono riapparsi all’orizzonte. È cambiata la stagione. Da un precoce autunno si è passati a una stentata primavera. Ma il senso della capitolazione, dell’appeasement di fronte a un nemico cinico e spietato è rimasto quello degli ultimi giorni del settembre 1938. Anche i protagonisti del dramma storico non sono cambiati. La Juventus ha vestito alla perfezione i panni di un incerto e sentimentale Neville Chamberlain, mentre il Bayern Monaco quelli di un cinico e pragmatico Adolf Hitler.

Ieri sera, alla Allianz Arena le due squadre hanno così risolto il dilemma che alla vigilia della partita attanagliava i lettori di Contropiede. Avrà ragione Andrea Rossetti oppure Alberto Coghi? Al di là delle (più o meno corrette) analisi o speranze, è stato il campo a premiare le riflessioni del primo rispetto al secondo. La squadra di Heynckes ha strapazzato quella di Conte. I bianconeri, colpiti a freddo su un ‘fortunoso’ tiro di Alaba, hanno dovuto inseguire tutta la partita arrancando di fronte alla forza fisica, tattica e mentale nettamente superiore dei bavaresi. A parte il gladiatorio Vidal, che è stato l’unico a offrire una prestazione degna di un quarto di finale di Champions League, i campioni d’Italia – a partire dal suo capitano, un insolitamente assai imperfetto Buffon – sono stati dominati dai panzer tedeschi.




Continuare nella descrizione di una disfatta (perché di questo si tratta, non bisogna mentire a se stessi), risulterebbe inutile. Forse, addirittura nocivo. Il colpo incassato nel freddo pungente della Baviera potrebbe avere ripercussioni anche sulle future prestazioni in Seria A. Fortunatamente, la Vecchia Signora ha ormai acquisito un margine abbastanza solido rispetto alle inseguitrici che sembra poter rassicurare l’ambiente bianconero. Ciò che importa, infatti, è altro. Nella storia, e pertanto anche nello sport, non esistono leggi universali prestabilite e inviolabili. La libertà umana ha mostrato, mostra e continuerà a mostrare una formidabile capacità di stupire.

L’andata di Champions League potrebbe pertanto rivelarsi un qualcosa in più di un completo fiasco. Così come la controversa scelta di Chamberlain permise alla Gran Bretagna di iniziare un processo di riorganizzazione delle sue forze armate, anche la lezione di calcio di Monaco subita dalla Juventus potrebbe rivelarsi utile al fine di contrastare efficacemente il Bayern durante la partita di ritorno. Molti commentatori, continuano ad affermare che il valore aggiunto dei bianconeri risiede in Antonio Conte. Questa suggestione, molto probabilmente, è ragionevole. L’allenatore pugliese, infatti, è (quasi) sempre riuscito a ottenere ben più del massimo dai propri giocatori. Non è detto che non vi riesca quasi miracolosamente anche il 10 aprile allo Juventus Stadium.



Ancora una volta, come insegna quella ‘maestra di vita’ che è la storia, a un assai troppo prudente Chamberlain potrebbe subentrare un arcigno e combattivo Winston Churchill, in grado di rinvigorire una squadra ancora con una dimensione prettamente nazionale e non pienamente europea. Anche se è quantomeno dubbia, proprio allo statista britannico è stata attribuita una frase che rappresenta una metafora della speranza che risiede nel cuore di ogni calciatore e di ogni tifoso bianconero: «mi piacciono gli italiani, vanno alla guerra come fosse una partita di calcio e vanno a una partita di calcio come fosse la guerra». A Torino sarà questo il livello della sfida. E, forse, ancora una volta risuonerà l’eco delle parole che Churchill pronunciò in un famoso discorso tenuto alla Camera dei Comuni il 18 giugno 1940. Negli spogliatoi, Conte dovrà spronare i suoi giocatori a stringersi al loro dovere e a comportarsi in modo che se il dominio della Juventus in campionato dovesse durare per un migliaio d’anni gli uomini (anche e soprattutto quelli di altre fedi calcistiche) diranno ancora: «questi furono i loro novanta minuti più belli». 

* Questo articolo è già apparso su Contropiede.net

martedì 27 novembre 2012

La schiena di Isla





In Mystery and Manners del 1969, mentre riflette sul ruolo e le prospettive della letteratura cattolica nel profondo Sud degli Stati Uniti, Flannery O’Connor osserva che il romanziere è un «realista delle distanze», ossia un «profeta». Nel caso del romanziere, aggiunge la grande scrittrice di Savannah. la profezia «non è questione di predire il futuro», bensì «consiste nel vedere le cose in tutta l’estensione del loro significato e quindi nel vedere in primo piano le cose lontane». Pertanto, il romanziere, in quanto «realista delle distanze», «non esita a distorcere le apparenze per mostrare una verità nascosta». E, conclude l’autrice di Wise Blood, «è questo tipo di realismo che si trova nei migliori esempi del grottesco».
            Ieri sera a San Siro, nel romanzo del calcio italiano è stata scritta una pagina che rappresenta un classico esempio del grottesco. La squadra dei ‘ladri’ è stata sconfitta a causa di un rigore inesistente. Tutta l’Italia calcistica non bianconera ha esultato di gioia. Una Juventus brutta e sottotono (che ha dato qualche segno di vita soltanto nel secondo tempo, senza però saper incidere sulla partita come al solito) si è dovuta arrendere a un Milan ben disposto in campo, ma anche assai mediocre nel gioco. Tuttavia, è proprio nell’episodio che ha coinvolto Mauricio Isla a essere racchiuso il senso più profondo della gara, forse dell’intero campionato. Proprio come al termine del racconto breve La schiena di Parker – quando il protagonista viene allontanato e violentemente pestato con una scopa dalla sua ‘devotissima’ (e iconoclasta) moglie, a causa del nuovo tatuaggio raffigurante il volto di Cristo che si è fatto dietro le spalle – i pochi centimetri che separano il braccio dal fianco destro del centrocampista cileno distorcono le apparenze e mostrano due verità nascoste.
            Da un lato, è evidente come risulti ormai stantia la polemica giacobina sul campionato falsato. Sarebbe utile e salutare per il calcio italiano uscire dal viluppo di un tale circolo vizioso. Dagli errori arbitrali – che c’erano, ci sono e sempre ci saranno – non può liberarci nessuno. A meno che i dirigenti di Fifa e Uefa decidano di introdurre la prova televisiva in campo (proprio come succede nel rugby). Ogni direttore di gara – in quanto essere umano – può sbagliare. La preparazione degli arbitri deve aiutare a ridurre il problema, ma non può certo risolverlo. D’altronde, anche la grande narrazione di ‘calciopoli’ si è rivelata nient’altro che una costruzione mediatica. Il sistema coinvolgeva tutti. Nessuno escluso (come ben dimostra la prescrizione del reato concessa all’Inter da Palazzi). Al calcio, in altre parole, non si addice il manicheismo.
            Dall’altro lato, colpisce in maniera positiva il comportamento sia del Milan, sia della Juventus. I rossoneri, attraverso il loro allenatore, hanno riconosciuto che il rigore era inesistente. I bianconeri – da Marotta a Buffon – non hanno aperto un’altra polemica sterile. I primi hanno portato a casa un successo utile, in un momento di forte difficoltà, mentre i secondi hanno ammesso una sconfitta figlia della cattiva prestazione più che del singolo episodio. Da ciò entrambe le squadre possono ripartire con realismo. Il Milan deve evitare la facile e illusoria euforia che la vittoria potrebbe generare. La strada è ancora lunga. E questo Allegri sembra averlo proprio capito. La Juve, invece, deve ancora una volta riconoscere che ogni partita è un racconto breve in sé nel romanzo del campionato. E, soprattutto, che la Champions League è un impegno che si fa sentire. Conte sa molto bene che l’umiltà e il duro lavoro sono il miglior antidoto per guarire dalla seconda sconfitta stagionale.
            Se l’episodio fosse avvenuto a parti invertite (come l’errore sul goal di Muntari dello scorso anno), oggi non saremmo qui a scrivere. Il calcio italiano sarebbe perso nelle polemiche giornalistiche e negli sfottò da bar dei tifosi. Per fortuna, non è andata così. Esattamente come la vita, il calcio è misterioso. E, qualche volta, può riservarci delle soprese ambigue. Oggi, possiamo evitare di guardare indietro, rivolgendo lo sguardo al prossimo turno. Infatti, a sorreggere il campionato non è l’occulta mano di nessuno, ma la provvidenziale schiena di Isla. 

Questo articolo è stato pubblicato su www.contropiede.net il 26 novembre 2012

lunedì 7 maggio 2012

Terza stella



«Alla Juventus vincere non è importante. È l'unica cosa che conta»

(Giampiero Boniperti)



venerdì 4 maggio 2012

L’ironia della stagione bianconera. Ecco cosa il «realismo cristiano» di Niebuhr può insegnare al calcio







Caro Direttore,

In The Irony of American History del 1952, Reinhold Niebuhr ripercorre la repentina ascesa degli Stati Uniti nel sistema internazionale. La breve storia nazionale e internazionale del suo Paese appare al grande teologo protestante incessantemente costellata di elementi e situazioni «ironiche». L’ironia, osserva l’autore, consiste nell’affacciarsi nella vita di incongruenze apparentemente fortuite che, a una analisi più attenta, non si rivelano tali, proprio perché gli uomini sono pienamente artefici, se non persino complici, del loro affermarsi. (continua a leggere)