di Luca G. Castellin
«La capacità di
giustizia dell’uomo rende possibile la democrazia, ma la sua inclinazione
all’ingiustizia rende la democrazia necessaria».
Così, nella premessa alla prima edizione di The Children of Light and the Children of Darkness, pubblicato
nel tardo autunno del 1944, Reinhold Niebuhr espone in maniera sintetica e vuole
legittimare in forma realistica il metodo democratico. Secondo il teologo
protestante, la democrazia possiede una validità più profonda e richiede una giustificazione
più forte rispetto alle visioni eccessivamente ottimistiche che troppo spesso sono
state (e continuavano a essere) utilizzate per difenderla. Espressioni
dell’utopia connaturata al perfezionismo moderno, tali visioni – osserva l’autore
già all’inizio degli anni Quaranta – hanno addirittura rischiato di metterne a repentaglio
la sopravvivenza di fronte alle molteplici minacce provenienti dai
totalitarismi del XX secolo.
Con l’obiettivo di evitare interpretazioni parziali e fuorvianti, le quali tendono
spesso a dimenticare che ogni uomo possiede sia impulsi egoistici sia una
propensione alla socialità, ossia che in ciascuna persona convivono al tempo
stesso un’inclinazione all’ingiustizia e una capacità di giustizia, il teologo
protestante ritiene che la democrazia è in grado di prosperare soltanto quando
la natura umana venga compresa nella sua ambigua complessità. Pertanto, considerando
inutili e dannosi tanto un cinico realismo quanto un idealismo sentimentale, egli
propone una riscoperta della prospettiva cristiana sull’uomo e sulla politica.
Nella visione antropologica della fede biblica, infatti, Niebuhr sostiene che siano
contenuti elementi fondamentali per acquisire un adeguato intendimento della
storia e della realtà, in grado di salvaguardare non solo il metodo, ma anche l’ethos della democrazia.