Despair is the fate of the realists who know something about sin, but nothing about redemption.
Self-righteousness and irresponsibility is the fate of the idealists who know something about the good possibilities of life, but know nothing of our sinful corruption of it

(Reinhold Niebuhr)

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martedì 25 novembre 2014

Una possibile necessità. Metodo ed ethos della democrazia nel pensiero politico di Reinhold Niebuhr




di Luca G. Castellin

Questo saggio è pubblicato in «Storia del pensiero politico», III (2014), 2, pp. 265-283.

«La capacità di giustizia dell’uomo rende possibile la democrazia, ma la sua inclinazione all’ingiustizia rende la democrazia necessaria»[1]. Così, nella premessa alla prima edizione di The Children of Light and the Children of Darkness, pubblicato nel tardo autunno del 1944, Reinhold Niebuhr espone in maniera sintetica e vuole legittimare in forma realistica il metodo democratico. Secondo il teologo protestante, la democrazia possiede una validità più profonda e richiede una giustificazione più forte rispetto alle visioni eccessivamente ottimistiche che troppo spesso sono state (e continuavano a essere) utilizzate per difenderla. Espressioni dell’utopia connaturata al perfezionismo moderno, tali visioni – osserva l’autore già all’inizio degli anni Quaranta – hanno addirittura rischiato di metterne a repentaglio la sopravvivenza di fronte alle molteplici minacce provenienti dai totalitarismi del XX secolo[2]. Con l’obiettivo di evitare interpretazioni parziali e fuorvianti, le quali tendono spesso a dimenticare che ogni uomo possiede sia impulsi egoistici sia una propensione alla socialità, ossia che in ciascuna persona convivono al tempo stesso un’inclinazione all’ingiustizia e una capacità di giustizia, il teologo protestante ritiene che la democrazia è in grado di prosperare soltanto quando la natura umana venga compresa nella sua ambigua complessità. Pertanto, considerando inutili e dannosi tanto un cinico realismo quanto un idealismo sentimentale, egli propone una riscoperta della prospettiva cristiana sull’uomo e sulla politica[3]. Nella visione antropologica della fede biblica, infatti, Niebuhr sostiene che siano contenuti elementi fondamentali per acquisire un adeguato intendimento della storia e della realtà, in grado di salvaguardare non solo il metodo, ma anche l’ethos della democrazia.





[1] R. Niebuhr, Figli della luce e figli delle tenebre. Il riscatto della democrazia: critica della sua difesa tradizionale (1944), Roma, Gangemi, 2002, p. 48.
[2] R. Niebuhr, The Christian Faith and the World Crisis, in «Christianity and Crisis», 10 febbraio 1941, ora in Id., Love and Justice. Selections from the Shorter Writings, edited by D.B. Robertson, Cleveland - New York, The World Publishing Company, 1957, pp. 279-285, in particolare pp. 279-280.
[3] Cfr. R. Niebuhr, Autobiografia intellettuale (1956), in Id., Una teologia per la prassi. Autobiografia intellettuale, editoriale e traduzione di M. Rubboli, Brescia, Queriniana, 1977, pp. 43-76, specie pp. 54-67.


lunedì 7 gennaio 2013

Dentro e fuori la democrazia





«Gli uomini, le donne e i bambini della comunità erano diventati qualcos’altro, dal primo all’ultimo», «ognuno era nostro nemico, compresi quelli che avevano le facce, gli occhi, i gesti e il modo di camminare dei nostri amici e parenti». Così il protagonista di The Body Snatchers descrive la minaccia degli alieni nella cittadina californiana di Santa Mira. Destinato a una repentina trasposizione cinematografica con la regia di Don Siegel, il famoso romanzo di Jack Finney è anche la chiave di lettura scelta da DamianoPalano per aprire il suo ultimo saggio sulla democrazia all’alba di un’era ormai post-americana, La democrazia e il nemico. Saggi per una teoria realistica (Mimesis, Milano 2012, pp. 140, 14 euro).

Le veloci trasformazioni del sistema internazionale e l’eccessiva celebrazione della democrazia contemporanea, spingono l’autore a offrire un «ripensamento delle categorie analitiche forgiate nel corso del Novecento», in particolare «di alcuni cardini della teoria democratica». Il saggio di Palano intende sottrarre la democrazia all’orizzonte post-storico e post-politico (se non, quasi, a-politico) in cui è stata inquadrata dall’immaginario collettivo e da una parte della letteratura scientifica. Una nuova teoria ‘realistica’ della democrazia, cui il volume di Palano vuole offrire un contributo, deve allora perseguire «l’obiettivo di ‘ricollocare nella storia’ la democrazia». E, al tempo stesso, deve riscoprire la figura del «nemico» e il senso dell’«altrove».


Per far ciò, Palano non esita a ricorrere proficuamente sia alla Scienza politica, sia alle Relazioni Internazionali. Il risultato è un’utile fertilizzazione, che dimostra come sia imprescindibile «considerare il ruolo della dimensione internazionale e, più in generale, il rapporto fra interno ed esterno». È, infatti, nel confronto tra la dimensione interna e quella esterna delle sintesi politiche che egli individua l’elemento critico più interessante e problematico per lo studio della democrazia e delle sue trasformazioni.

Nelle pagine di questo agile volume, l’autore non solo rilegge alcuni classici (Carl Schmitt, Joseph Schumpeter, Giuseppe Maranini e Giovanni Sartori), ma si confronta anche con elaborazioni teoriche più recenti (Chantal Mouffe, Ernesto Laclau e Nadia Urbinati). Rifiutando una visione meramente procedurale della democrazia, Palano invita a rinunciare a «una ingenua ‘rimozione’ dei valori», per guadagnare una prospettiva capace di comprendere la loro importanza. L’«ethos» è un elemento imprescindibile per ciascuna democrazia, alla cui base «sta sempre un fondamento politico, che esprime una specifica visione etica». Peraltro, il concetto del ‘politico’ costituisce anche la cinghia di trasmissione della riflessione di Palano. È proprio attraverso di esso, infatti, che l’autore argomenta le sue tesi sulla necessità di riscoprire l’importanza teorica del nemico e dell’altrove per l’elaborazione di una teoria realistica della democrazia. Senza un nemico e un altrove, infatti, il mondo non può che essere orribilmente popolato da terrificanti, inafferrabili e multiformi «alieni». Alieni contro cui l’uomo contemporaneo si trova più o meno disarmato, quando non realmente impotente, dentro e fuori ogni democrazia. 


Questa recensione è apparsa sul sito dell'Istituto di Politica