«Gli
uomini, le donne e i bambini della comunità erano diventati qualcos’altro, dal
primo all’ultimo», «ognuno era nostro nemico, compresi quelli che avevano le
facce, gli occhi, i gesti e il modo di camminare dei nostri amici e parenti». Così
il protagonista di The Body Snatchers
descrive la minaccia degli alieni nella cittadina californiana di Santa Mira. Destinato
a una repentina trasposizione cinematografica con la regia di Don Siegel, il
famoso romanzo di Jack Finney è anche la chiave di lettura scelta da DamianoPalano per aprire il suo ultimo saggio sulla democrazia all’alba di un’era
ormai post-americana, La democrazia e il
nemico. Saggi per una teoria realistica (Mimesis, Milano 2012, pp. 140, 14
euro).
Le
veloci trasformazioni del sistema internazionale e l’eccessiva celebrazione
della democrazia contemporanea, spingono l’autore a offrire un «ripensamento
delle categorie analitiche forgiate nel corso del Novecento», in particolare «di
alcuni cardini della teoria democratica». Il saggio di Palano intende sottrarre
la democrazia all’orizzonte post-storico e post-politico (se non, quasi,
a-politico) in cui è stata inquadrata dall’immaginario collettivo e da una
parte della letteratura scientifica. Una nuova teoria ‘realistica’ della
democrazia, cui il volume di Palano vuole offrire un contributo, deve allora perseguire
«l’obiettivo di ‘ricollocare nella storia’ la democrazia». E, al tempo stesso, deve
riscoprire la figura del «nemico» e il senso dell’«altrove».
Per
far ciò, Palano non esita a ricorrere proficuamente sia alla Scienza politica,
sia alle Relazioni Internazionali. Il risultato è un’utile fertilizzazione, che
dimostra come sia imprescindibile «considerare il ruolo della dimensione
internazionale e, più in generale, il rapporto fra interno ed esterno». È,
infatti, nel confronto tra la dimensione interna e quella esterna delle sintesi
politiche che egli individua l’elemento critico più interessante e problematico
per lo studio della democrazia e delle sue trasformazioni.
Nelle
pagine di questo agile volume, l’autore non solo rilegge alcuni classici (Carl
Schmitt, Joseph Schumpeter, Giuseppe Maranini e Giovanni Sartori), ma si
confronta anche con elaborazioni teoriche più recenti (Chantal Mouffe, Ernesto
Laclau e Nadia Urbinati). Rifiutando una visione meramente procedurale della
democrazia, Palano invita a rinunciare a «una ingenua ‘rimozione’ dei valori»,
per guadagnare una prospettiva capace di comprendere la loro importanza. L’«ethos» è un elemento imprescindibile per
ciascuna democrazia, alla cui base «sta sempre un fondamento politico, che
esprime una specifica visione etica». Peraltro, il concetto del ‘politico’
costituisce anche la cinghia di trasmissione della riflessione di Palano. È
proprio attraverso di esso, infatti, che l’autore argomenta le sue tesi sulla
necessità di riscoprire l’importanza teorica del nemico e dell’altrove per
l’elaborazione di una teoria realistica della democrazia. Senza un nemico e un
altrove, infatti, il mondo non può che essere orribilmente popolato da terrificanti,
inafferrabili e multiformi «alieni». Alieni contro cui l’uomo contemporaneo si
trova più o meno disarmato, quando non realmente impotente, dentro e fuori ogni democrazia.
Questa recensione è apparsa sul sito dell'Istituto di Politica
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