Despair is the fate of the realists who know something about sin, but nothing about redemption.
Self-righteousness and irresponsibility is the fate of the idealists who know something about the good possibilities of life, but know nothing of our sinful corruption of it

(Reinhold Niebuhr)

martedì 15 maggio 2012

La fine di un'era?




Nel 1934, riflettendo sulle conseguenze della grande crisi, che sembrava aver travolto non solo il capitalismo americano ma anche la cultura e la civiltà del suo Paese, Reinhold Niebuhr osservò in maniera assai ruvida:  «stiamo assistendo al tragico spettacolo di una civiltà che sta lentamente distruggendo se stessa». 
Nel corso del secolo scorso, l'Europa non ha perso tempo per portare a compimento l'atroce previsione che il teologo protestante aveva espresso per gli Stati Uniti. Ma, dopo due conflitti mondiali e il definitivo tramonto del sistema internazionale eurocentrico che fino a quel momento aveva ordinato l'ordine globale, il Vecchio continente sembrava aver trovato le forze necessarie per traguardare il futuro. Nelle intenzioni dei De Gasperi, Schuman e Adenauer, l'Europa poteva (e doveva) ritrovare se stessa attraverso la condivisione di un ideale alto. Lo sviluppo del progetto unitario - come possiamo ormai vedere quotidianamente - ha però scoperto il fianco a molte insidie e ambiguità. 
La rigida austerità tedesca, se non scardinata da adeguate misure per la crescita economica, realizzerà il triste presagio di Niebuhr?   


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