Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, i due marò del San Marco
accusati di aver ucciso dei pescatori lo scorso 15 febbraio, sono in un carcere
in India dal 6 febbraio. Il fatto è avvenuto in acque internazionali, i nostri
soldati hanno agito nell'ambito delle loro funzioni (quindi, sono naturalmente
soggetti alla legge italiana), ma l'India contro ogni norma di diritto
internazionale e marittimo li tratta alla stregua di delinquenti comuni.
Le tensioni diplomatiche tra Italia e India possono creare un pericoloso
precedente. E mettere in crisi uno strumento di lotta alla pirateria. Stupisce
non solo che ciò avvenga tra tre snodi strategici fondamentali per il commercio
internazionale (ossia il Canale di Suez, lo Stretto di Hormuz e quello di
Malacca), in cui dovrebbe essere garantita grazie alla cooperazione
internazionale e nell'interesse collettivo una via di navigazione sicura, ma
anche che - per convenienze politiche interne - a determinare una tale
situazione sia l'India. Una nazione che tra gli emergenti Paesi Brics
rappresenta un punto di riferimento - certo pieno di limiti e incongruenze -
per l'intera comunità internazionale.
Per il momento, la situazione appare confusa e in divenire. Tuttavia, ci
auguriamo che l'Italia faccia sentire con ancora più forza la propria voce,
affinché per i nostri marò si apra una speranza e non un incubo. Inoltre,
speriamo che lo Ius Gentium venga presto tratto in salvo da un sicuro naufragio.
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